Su molti libri e diari di guerra si ha modo di leggere che, in casi estremi, spesso ambientati in montagna, i soldati ricorsero al riutilizzo della stessa cialda di caffé in quanto la razione ad esi destinata era insufficiente se non anche esaurita. In diversi testi, infatti, si narra del riutilizzo dello stesso quantitativo di caffé fino anche a sette volte. Non ho mai trovato riscontri su cosa significhi riutilizzare la stessa porzione (da me detta cialda per comodità, data la forma ottenuta dal caffé compresso) di caffé più e più volte, né un’indicazione che mi permettesse di capirne il gusto. La sola cosa a me nota era che faceva male.
Ho deciso perciò di provare a capire, vedere e sentire il caffé prodotto da una moka riutilizzando la stessa porzione cinque volte. Va però innanzitutto detto che questo esperimento, altro non voleva che constatare gusto e sensazioni rilasciate da un caffé “riciclato”. Come mi è stato giustamente segnalato, prima di tutto la moka moderna ma era conosciuta solo la caffettiera napoletana che utilizzava un caffé macinato spesso mentre l’acqua lo attraversava dall’alto e non per caduta come nelle moke attuali, dando la possibilità di riutilizzare lo stesso caffé più volte.
In trincea, inoltre, essendo difficile l’utilizzo od il recupero di una caffettiera, si utilizzava un contenitore improvvisato facendo una sorta di infuso con la polvere di caffé; tale infuso veniva poi filtrato. Il caffé aveva un aroma molto diverso da quello da me ottenuto ma, pessimo per pessimo, l’esperimento andava comunque affrontato!
Come inizialmente dicevo, ho cercato di valutarne i colori, gli odori, gli aromi e gli effetti che questo produceva, arrivando al limite del disgusto più totale. Ovviamente, ho fatto questo in vacanza, quando nessuno in casa poteva dirmi nulla!
La moka utilizzata è un modello moderno prodotto dalla Bialetti in alluminio per 3 persone. La vaschetta per la polvere di caffè è stata riempita fino al culmine senza comprimere. Ho ovviamente utilizzato acqua del rubinetto e non neve sciolta come ho avuto modo di leggere nei testi ambientati in montagna. Di mio posso dire che sono poco atletico, alto 1,85 e del peso di 79 kg, l’età è quasi di 30 anni…direi abbastanza in linea con i parametri per quella guerra.
Primo caffé:
è il caffé classico, di colore marron scuro con schiuma in superficie. Io di solito lo assaporo con due cucchiaini di zucchero ed i fondi rilasciati all’interno della tazzina sono pochi, nella norma. Il sapore, ovviamente, è buono, corposo e permane nella bocca anche a distanza di ore, se fatto bene.
Secondo caffé:il caffé si presenta ancora marron scuro, con schiuma sulla superficie ed un colore ai bordi ambrato-rossiccio. Mi sono occorsi 4 cucchiaini di zucchero per poterlo accettare ed il sapore era già notevolmente mutato. Era infatti dolciastro, bevibile, ma di certo non era già più considerabile come un caffé normale. Dopo averlo bevuto compare presto l’amarotico soppresso con lo zucchero che però lascia il posto in breve tempo al sapore di bruciachiato. I fondi nella tazzina sono raddoppiati.
Avverto un leggero crampo allo stomaco che passa dopo meno di un minuto.
Terzo caffé:
ormai non è più caffé. Il colore è ambrato-rossiccio che ricorda quello di un té molto forte appena fatto; si intravede il fondo della tazzina. Causa il pessimo sapore, porto la dose di zucchero a 5 cucchiaini che ne rendono il sapore ancora più dolciastro, con un retrogusto di bruciato che presto prevale in bocca. E’ bevibile, ma sconsigliabile. I fondi nella tazzina sono pochi e la cialda di caffé nella moka risulta molto compressa.
Avverto un leggero crampo allo stomaco, un po’ più forte del precedente.
Quarto caffé:
dopo aver mosso il fondo utilizzato, il caffè prodotto si presenta nocciola, dai contorni ambrati; non si vede il deposito nella tazzina in quanto il colore della brodaglia risulta essere molto simile a quello dell’olio da motore esausto. L’odore è acre, da bruciato, per nulla simile a quello del caffè. I 6 cucchiaini di zucchero che ho messo lo rendono dolciastro e ne donano una consistenza che ricorda davvero l’olio da motore. I fondi presenti nella tazzina sono molti, 1/4 di cucchiaino.
Dopo 1/4 d’ora il sapore da dolciastro scompare e rimane nella bocca, entro una mezz’ora, un disgustoso aroma da bruciato.
Il crampo allo stomaco è più forte ma sopportabile.
Quinto ed ultimo caffé:
la bevanda è di colore nocciola, con contorni ambrati. La puzza di bruciato è molto forte e ammorba la cucina. Ho deciso di mettere 7 cucchiaini di zucchero, ma l’aroma in bocca è pessimo. Il sapore è dolciastro per il troppo zucchero ma il gusto del caffé bruciato sciolto in acqua prevale. Senza troppi giri di parole direi che è proprio pessimo! I fondi rimasti nella tazzina sono aumentati a circa metà cucchiaino, il crampo allo stomaco è più forte che in precedenza e duraturo oltre il minuto (sto bene!).
Al termine di questa esperienza mi si è aperto un mondo. Ora ho capito sul serio cosa significava vivere in condizioni estreme, con poco cibo e caffé penoso. Posso anche ora meglio comprendere le conseguenze che l’utilizzo di questa bevanda, se così si può chiamare dopo la seconda moka, poteva comportare a quegli uomini avezzi ad ogni genere di fatica e sacrificio.
Ovviamente reputo che la mia alimentazione, più sana ed equilibrata di quella del tempo, e la mia assoluta inabitudine a tali abitudini abbiano inciso in maniera importante sulla reazione che il mio corpo ha avuto sull’ingerimento della bevanda.
Vorrei infine dire che, con il discorso Expo2015, sono apparse numerose iniziative riguardanti l’alimentazione dei soldati, con proposte di menù a tema. A prescindere dalla mia perplessità su tali menù, la proposta di caffé generati dal riutilizzo di una stessa cialda potrebbe dire molto di più ad un pubblico che dalla trincea si aspetta, forse, un piatto di maccheroni pomodoro e pecorino con dolce e caffé da ristorante!
Alberto Donadel
Si ringrazia Gianluca Iule per le informazioni.
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